lunedì 23 maggio 2011

I colori del suono, per uscire dal sonno, e rientrare nel sogno.

Che cosa spinge un gruppo di balordi tarati sull'immaginale a ipotizzare una ri-creazione sul colore del suono, tra settembre e ottobre, mesi preziosi per restituire il daimon alle sue ipnotiche braci intorno a un paesaggio agreste, o metropolitano? O, visto che ci siamo, a Tallin, capitale quest'anno della cultura europea? Ma potrebbe andar bene anche Mendrisio, cittadina accogliente in terra elvetica e patria di Mario Botta, di cui si potrebbe analizzare qualche progetto architettonico (la sede di architettura è proprio nella sua città natale) per risintonizzarla sulle linee del diurno o del notturno durandiano? Idea nata l'altra notte mentre leggevo un libro a dir poco straodinario non tanto per l'autore che si firma con un anomimo (anche se negli ambienti portoghesi si sa che è uno scrittore emergente ma dalla potenza espressiva notevole) quanto per il tema e il personaggio trattato: S, il Nobel privato. S è Josè Saramago, uno che con la scrittura andava a nozze, ma con le donne proprio non ci prendeva, e allora tutto questo tema tra desiderio del corpo, immaginazione ( lui che osserva le onde del mare pensando alla giovane moglie che se la gode con i maschi del posto e torna all'alba), opera, lo scarto tra la parola e la seduzione, tra l'atto e la sua sublimazione ( per favore niente Freud, ci ha già pensato Michel Onfray nel suo ultimo saggio), non potrebbe darci qualche spunto per una colazione sull'erba in edizione limitata, e numerata? Magari associando il suono a qualche riproduzione ( bellissima e stratosferica: mi riferisco al Libro Rosso di Jung) dove far convergere archetipi e labirinti alla Peter Greenaway? Con un colpo di spada, alcuni si sono persi per strada, ma il drappello di ussari bicocchiani è rimasto fedele a presidiare non solo le opere e a estromettere se stessi per meglio ritrovarsi ( guardatevi il videoclip "Trouble" dei Coldplay), ma soprattutto ha imparato a sospendere il giudizio come azzeramento dell'io per volare sopra e sotto il design e completare le sedute con assoli d'essemble che fanno atmosfera e lasciano il segno, sulla pelle, e nella mente. E questa voglia di ritrovarsi, questa esuberante passione di riallestire la scena per tenere vivi i rapporti ( una sorta di massaggio sensuale dove il tocco pizzica le corde del cuore) e sbloccarli dai quadrati impenetrabili del versante quotidiano, non rappresenta una mimesi che non ha nulla di esoterico, ma getta sul tavolo formule di desiderio senza che i dadi siano truccati? Ci muoviamo come grissini sui tasti del pianoforte, diamo fondo alle emozioni di contro alle mozioni dell'idiozia planetaria. In questa creazione di topologie improvvisate dove c'è sempre spazio per meditazioni e riflessioni che vengono a galla, nemmeno fosse Nettuno a sospingerci fuori dai fondali, l'angolo più nascosto diviene, come d'incanto, un memoriale di sequenze variabili e narrabili, una nervatura che si lascia i nodi alle spalle per meglio tessere trame mercuriali con spezie dionisiache, perchè dopotutto, non raccontiamoci balle, a muovere il mondo, a scrivere, ad educare, a saper bene trasmettere conoscenze, a creare, a vivere, c'è solo un farmaco che non si compra in farmacia, ma non si compra nemmeno altrove ( a meno di non confonderlo con il sesso che scivola poi, inesorabilmente verso il freddo), e questa cosa si chiama Amore. Niente forzature, ma impegno e tempo sì, senza alibi e senza menzogne perchè come ha detto Yehoshua, se dici a uno/a " ti amo", quel " ti amo" va riconfermato e detto ogni giorno. Il che, tradotto in termini che nulla tolgono all'immaginale, significa che alla voce contratto, l'amore è sempre (salvo le eccezioni che sono sempre degli altri) a tempo determinato. Allora, in questa linea sottile che separa maggio dai cugini autunnali, diamoci dentro, incrociamo qualche decade con un bocciolo, prendiamo posizione, facciamoci macinare con qualche coriandolo e un pizzico di paprica, qualche cubetto di ghiaccio per non fondere la consistenza e la coesistenza delle regole sopra citate, l'ispirazione progettuale.Insomma un luogo che poi diventa speciale, una cucina a vista con gli ingredienti a portata di mano, e magari un piccolo soppalco per qualche esercizio di stile, per sfumare la luce sotto le palpebre e devi indovinare con quale mano stai disegnando il fondotinta da restituire ai correttori di bozze.
E se proprio dobbiamo scegliere, Venere non sarebbe male, delizia del corpo, e giorno perfetto per ritrovarci all'ombra delle immagini in fiore.

1 commento:

  1. Immagini avvolgenti, come un abbraccio, che invitano a un incontro tra cuori. In autunno, in un luogo magico. Sotto la protezione di Venere, dea dell'Amore.

    Sembra una fiaba. Ma se proviamo a scriverla assieme, potrebbe prendere vita. E noi con essa.

    E ciascun di lor fosse contenta, come io credo che saremmo noi...

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