mercoledì 25 maggio 2011

Alcune suggestioni ed emergenze immaginali di un fine settimana di maggio nel Monferrato

 By Fabio Botto

“Le immagini sono ‘interne’, ‘arcaiche’, ‘primordiali’; la loro fonte ultima è negli archetipi, e a noi si mostrano nel modo più caratteristico nella formulazione del mito. La coscienza che nasce da Anima guarderebbe dunque al mito, quale si manifesta nei mitologemi dei sogni e delle fantasie e nel disegno delle varie vite; laddove la coscienza dell’Io deriva i suoi orientamenti dai letteralismi delle sue prospettive, cioè da quella particolare fantasia che essa chiama ‘realtà’. Poiché le immagini fantastiche forniscono il fondamento della coscienza, a esse ci rivolgiamo per capire le cose a fondo. ‘Diventare consci’ significherebbe ora diventare consapevoli delle fantasie e riconoscerle dovunque e non solamente in un ‘mondo fantastico’ distinto e separato dalla ‘realtà’”.
James Hillman, Anima. Anatomia di una nozione personificata (1985), Adelphi, Milano, 1989, p. 125



Pomeriggio di sabato 14 maggio 2011
Mi è sembrato bello, e in qualche modo persino urgente per ognuno di noi, dare la stura al nostro week-end immaginale con una preliminare condivisione del racconto del nostro personale incontro con il Mundus imaginalis. Dopo qualche prevedibile esitazione da parte di ognuno di noi, Rachele ha rotto ogni indugio e ha messo in relazione il suo contatto con l’immaginale con il tema, che le è particolarmente caro, del corpo e quello dell’esperienza mistica. Stefania ci ha parlato della sua attenzione e della cura che ha sempre prestato per la propria vita onirica e per i simbolismi legati al ciclo mestruale e lunare. Nell’esperienza immaginale, occorre sempre mettere in conto l’eventualità di non sapere fino infondo “che cosa mi porto a casa”. Senza esitare, Mario ha ricondotto il suo incontro con lo sguardo immaginale alla grande passione per il cinema, e in modo particolare a una pellicola (e a un regista) da me molto amato, che è Per un pugno di dollari di Sergio Leone. Decisivo è anche il rapporto tra l’immaginale, l’immaginazione e il desiderio, tema centrale, fonte di ulteriori approfondimenti. Dania ha invece condiviso con il gruppo il nesso, che ben presto le si è palesato nella sua esperienza professionale di psicoterapeuta, tra i disturbi psichici, e in particolare con la follia, con il profondo simbolismo a essa sotteso. Rispondendo a Stefania, non è così importante “portare a casa” qualcosa dell’esperienza immaginale. Secondo Vito, nel nostro tentativo di ricostruire il nostro primo incontro con l’immaginale si evidenzia un elemento random, che tuttavia non vanifica ma forse rende più interessante il nostro desiderio di oltrepassare i limiti di un approccio soltanto di tipo “mentale” o libresco con il mondo immaginale. Particolarmente intenso l’intervento di Paolo, che intravvede una difficoltà di fondo nel ricostruire l’“inizio dell’incontro” con l’immaginale. All’inizio, ciò che in sèguito si è definito come Mundus imaginalis era per lui fonte di inquitudine e di paura. Decisivo si è rivelato l’incontro con i Ricordi, sogni, riflessioni di Carl Gustav Jung. Paura dell’immaginazione come paura della follia. La scrittura come rito per rendere praticabile la convivenza con l’immaginazione. Un sovrappiù di emozione di cui, per lo più, la nostra cultura non sa che farsene. Anche per Paolo, resta centrale il nesso immaginale-follia-scissione. In alcune discipline orientali di meditazione, per esempio la scuola di Jiddu Krishnamurti, l’immaginazione viene in qualche modo “esorcizzata”. Rapporto tra spiritualità ed esperienza immaginale. In agguato, come già Vito ha rilevato, c’è sempr eil rischio concreto della “mentalizzazione” dell’immaginale. rimane sempr euno sfondo di perplessità quandi ci si accosta al nesso tra l’immaginale e le sue possibili concretizzazioni. Altro tema ricco è quello del rapporto Eros/immaginale. A volte si ha l’impressione che, verso la conclusione dell’esercizio immaginale, il momento della restituzione rimanga sempre troppo mentale, astratto. Qualcosa della “corposità” delle immagini simboliche in esso sembra andare perduto. Per Lorenza, al di là di altri parametri, l’esperienza immaginale dimostra tutta la sua potenza nel rifocalizzare la nostra attenzione assopita sulle immagini. Il discorso immaginale è intrisecamente difficile, qualora rimanga soltanto un discorso. Fabio. Fondamentale per me è stato l’incontro tra l’immaginale e “gli effluvi della natura”, tipici del paesaggio ligure della mia infazia e adolescenza. L’immaginale si è in me ben presto ibridato con il mitico (Omero, i supereroi Marvel). Elemento catalizzatore fondamentale è stata la musica. All’inizio il rock progressive (Pink Floyd, Genesis, David Sylvian), poi il jazz e la fusion (Bill Evans, Miles Davis, Wayne Shorter).

Mattina di domenica 15 maggio 2011
Abbiamo proceduto alla condivisione, alla circolazione e alla restituzione dell’esperienza, fatta la sera prima, della visione del lungometraggio di Philip Kaufman, L’insostenibile leggerezza dell’essere (1988), tratto dall’omonimo romanzo di Milan Kundera. Il seguente resoconto, che non pretende in alcun modo di essere esaustivo, vorrebbe restituire almeno in parte l’idea della straordinaria emergenza di immagini, collegamenti, nessi, sincronicità, che la visione della pellicola ha provocato in tutti i partecipanti alla visione.
Dania. Specchi rotti, ovali, letti, cappelli, piscine, il numero 6, libri, tanti libri; Kerenin, il nome del cane di Tereza e Tomáš; la marca della macchina fotografica Practica. Corpi nudi, corpo come strumento musicale.
Lorenza. Carri armati, mezzi pesanti, la folla, la gente attonita, ribelle, una donna che fotografa, un uomo che cambia lavoro, penetra nelle case di altre donne.
Paolo. Corpi nudi di donna (pochi nudi di uomo), corpi singoli o ammucchiati, l’occhio del medico che guarda i corpi nudi dall’alto (posizione di potere), gli occhi della protagonista che piangono (mentre fotografa); movimento verso Occidente (fuga); movimento verso Oriente (sconfitta della donna che non è riuscita a conquistare il suo uomo). Quando Tomáš torna a Praga è solo. Il ritorno in campagna è una regressione verso le origini, alla terra. L’unica immagine di armonia è quella finale, dove Tomáš e Tereza sorridono entrambi; “leggerezza” come libertà interiore.
Rachele. Uomini e donne che fanno l’amore, confusione, giovani che discutono tra di loro, vestiti colorati in contrapposizione a uomini in grigio, tanti animali (porcellino, poi diventato adulto) un cane che accompagna una relazione (matrimonio), fino alla sua morte; natura, strade in mezzo agli alberi, uomini che lavorano in campagna, gente che lavora, differenti professioni, un’automobile Skoda azzurra, una pistola, tanta acqua; l’acqua in situazioni opposte: nel fiume, nel lago a Zurigo, le molte scale della città.
Stefania. Piante rigogliose in campagna, giovane donna che si tuffa in piscina, che fa interrompere la partita a scacchi degli uomini anziani in acqua; contrapposizione delle immagini di città alle immagini della campagna (contrapposizione grigio/verde); la vita di coppia in campagna è più serena; Sabina nell’ultima scena del film; contrasto di ambienti e dei volti dei personaggi; i vetri, il parabrezza, gocce d’acqua sui vetri, immagini filtrate attraverso le gocce d’acqua; fusione erotica come ritorno nell’indifferenziato, non un vero incontro di due corpi.
Mario. I corpi nudi, corpi desideranti, oppressivi, gli occhi molto diversi (lo sguardo intenso e magnetico di Tomáš, la sua “leggerezza”); gli occhi di Tereza, occhi della pesantezza; gli occhi di Sabina, anche qui la leggerezza. Tomáš è in bilico. Corpi/porci/fedeltà/godimento; l’unione dei corpi (l’altro non ti appartiene mai, la sua mente non ti appartiene…).
Lorenza: La città è grigia, piena di ombre.
Vito: Tomáš sceglie di tornare non perché non può farne a meno, ma perché guidato dalla sua “leggerezza”. La stessa leggerezza con egli cui sceglie di cambiare mestire.


1 commento:

  1. Una conduzione taoista.

    L'invito a raccontare di noi e dell'immaginale: mi ha fatto riscoprire come l'immaginale non sia altrove, ma da sempre in noi. Non psicologizzazione, ma interiorizzazione.

    Ora una restituzione preziosa ...

    Grazie Fabio!

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